Fin qui non abbiamo nulla da eccepire, ma se proseguiamo nella lettura del
discorso troviamo delle contraddizioni e imprecisioni con i dati scientifici,
per cui ci sembra che il papa si fidi troppo di ... alcuni attuali uomini di
scienza. Infatti leggiamo: "E'ben noto che, da qualche tempo, diverse motivazioni
scientifiche per l'accertamento della morte hanno spostato l'accento dai tradizionali
segni cardio-respiratori al cosiddetto criterio "neurologico"; vale
a dire alla rilevazione, secondo parametri ben individuati e condivisi dalla
comunità scientifica internazionale, della cessazione totale ed irreversibile
di ogni attività encefalica (cervello, cervelletto e tronco encefalico),
in quanto segno della perduta capacità di integrazione dell'organismo
individuale come tale. Di fronte agli odierni parametri di accertamento della
morte, - sia che ci si riferisca ai segni "encefalici"; sia che si
faccia ricorso ai più tradizionali segni cardio-respiratori - la Chiesa
non fa opzioni scientifiche, ... In questa prospettiva, si può affermare
che il recente criterio di accertamento della morte sopra menzionato, cioè
la cessazione totale ed irreversibile di ogni attività encefalica, se
applicato scrupolosamente, non appare in contrasto con gli elementi essenziali
di una corretta concezione antropologica " (1).
LA REALTA
Innanzi tutto non è vero che la comunità scientifica internazionale sia favorevole all'unanimità all'attuale criterio "neurologico" che viene espresso col termine di "morte cerebrale". Infatti il recente concetto è stato introdotto per poter effettuare prelievi di organi da chi si trova in coma cerebrale, mentre, come citeremo, molti scienziati e professori hanno pubblicato le loro ricerche ed i relativi risultati su autorevoli riviste scientifiche di medicina ed hanno espresso la loro disapprovazione sul concetto di "morte cerebrale", perchè esso non coincide con la cessazione totale e irreversibile di ogni attività cerebrale, per cui detta analisi non è scientifica e non accerta affatto la morte vera.
Inoltre il papa dice che i prelievi di organi devono essere effettuati da cadaveri;
ora dai veri defunti possono essere prelevati solo alcuni tessuti, come la cornea,
mentre gli organi vivi, come il cuore, i polmoni, il fegato, i reni ecc. per
essere trapiantabili devono essere tolti da persone dichiarate in "morte
cerebrale" che respirano ancora (anche se la respira zione è artificiale),
che hanno il cuore che pulsa, il cui sangue circola, che sono calde e rosee,
i cui arti per stimoli dolorosi possono muoversi (il cosiddetto segno di Lazzaro)
e se sono donne possono condurre avanti una gravidanza dando alla luce un figlio
vivo e sano ecc. (è alquanto anomalo considerare queste persone defunte
quando nessuno avrebbe il coraggìo di mettere in una bara qualcuno che
respira, che ha il cuore e il polso che battono!).
E' evidente che tali persone non sono cadaveri, e che da veri cadaveri si possono
prelevare solo organi che sono già in stato di degenerazione e che non
possono essere trapiantati.
STORIA DELLA NUOVA TERMINOLOGIA
Come è citato nel documento del papa, si è passati dalla definizione
tradizionale di morte intesa come arresto delle funzioni circolatoria e respiratoria
a quella di "morte cerebrale" intesa come cessazione di tutte le funzioni
dell'intero cervello, compreso il tronco cerebrale.
Questo criterio neurologico di morte cerebrale è stato introdotto in
seguito al primo trapianto ufficiale di cuore fatto dal prof. C. Barnard nel
1967, a Città del Capo. Contro queste nuove tecniche si schierarono diversi
professori e scienziati, a causa del fatto che le persone dalle quali si facevano
i prelievi di organi, (chiamati anche espianti) certamente non erano
morte.
In Italia il prof. Stefanini, in televisione, attaccò Barnard affermando
che se non c'è la morte non si può fare il trapianto, e che se
non c'è cadavere c'è omicidio". Tra gli altri professori
in Italia che si opposero ai quei trapianti ricordiamo il prof. Dioguardi di
Milano e i prof. Gasbarrini e Puddu di Bologna. Un mese dopo il trapianto di
Città del Capo, siccome
negli Stati Uniti vi erano 200 medici indagati, fu istituita una Commissione
"ad hoc" dalla Harvad School di Boston con l'incarico di definire
la morte in chiave neurologica, per evitare accuse legali e morali alle équipes
trapiantìstiche.
Nel 19691a Commissione di Harvard pubblicava il suo Rapporto sul Journal of the American Association (J.A.M.A.), dove non spiegava perchè il coma sia assimilabile alla morte, ma semplicemente affermava che occorre definire morte il coma irreversibile... per motivi pratici (liberare letti d'ospedale, alleviare il peso sociale dei pazienti in stato vegetativo, reperire senza contrasti organi da trapiantare).
Nel 1979 due filosofi "cattolici" dei movimenti per la vita, Grìsez
e Boyle inventarono una nuova definizione di morte cerebrale introducendo il
concetto di unità funzionale integrativa, come se il cervello
fosse l'unico organo responsabile dell'unità funzionale integrativa.
Essi contribuirono così a soppiantare l'etica che diceva che la vita
è sacra per introdurre l'etica della qualità di vita.
Nel 1981 la morte cerebrale veniva definita in termini medico legali e venne accolta senz'opposizione in quasi tutto il mondo industrializzato, eccetto il Nord Europa e il Giappone. (2)
Nel 1992 però due scienziati americani, sempre della Harvard School, il Dr. Robert D. Truog e il Dr. James C. Fackler, pubblicarono un altro rapporto dal titolo significativo "Rethinking brain death": Ripensamento (o revisione) della morte cerebrale. (3)
E' il rapporto più significativo per la parte medico-legale, stranamente
mai pubblicato in Italia, forse perchè per il suo titolo e i suoi 87
riferimenti bibliografici non conveniva! Ecco l'estratto dei dati e la sintesi
del loro studio: "Proponiamo quattro argomenti a sostegno del parere che
i pazienti che rispondono agli attuali criteri clinici della morte cerebrale,
non necessariamente presentano la perdita
irreversibile di tutte le funzioni del cervello (per cui queste persone non
sono morte ma vive! (n. d. R.). In primo luogo, in molti pazienti clinicamente
in morte cerebrale è conservata la funzione endocrina-ipotalamica. In
secondo luogo, in molti pazienti è conservata l'attività elettrica
cerebrale. In terzo luogo, alcuni pazienti conservano la capacità di
reagire agli stimoli dell'ambiente. In quarto luogo, il cervello è definito
fisiologicamente come sistema nervoso centrale, e in molti pazienti clinicamente
in morte cerebrale è conservata l'attività del sistema nervoso
centrale, sotto forma di riflessi spinali. Questi risultati sono in netto contrasto
con il requisito di una "cessazione irreversibile di tutte le
funzioni cerebrali".
La conclusione di questo studio è che non esistono mezzi strumentali
atti a dimostrare la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo,
quindi neanche l'elettroencefalogramma (che abbrevieremo con la sigla EEG) o
altri tests sono in grado di accertare la cessazione irreversibile di ogni attività
encefalica.
Tra l'altro occorre notare che a livello mondiale non vi è accordo fra
scienziati e clinici sui criteri e sulle prove da adottare per dichiarare la
cosiddetta "morte cerebrale": per es. nel Regno Unito non si usa l'EEG.
In Italia la legge 578193, ripetendo la definizione di Harvard del 1969, dice
che "la morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le
funzioni del cervello" e prevede quattro categorie di accertamenti per
poter dichiarare una persona in morte cerebrale.
Essa richiede contemporaneamente l'assenza: della coscienza, della respirazione
spontanea, dei riflessi e delle risposte elettriche cerebrali. Per questo ultimo
accertamento si usa 1' EEG che dà il tracciato grafico dell'attività
elettrica a livello della superficie cerebrale; questo risultato si ottiene
con un apparecchio collegato ad elettrodi posti sul cuoio cappelluto e con una
penna scrivente su un rotolo di carta. In sintesi la legge italiana dice che
per una attività elettrica al di sopra di 2 microvolts c'è la
vita,
mentre per una attività minore c'è la morte, balza subito alla
mente che 2 microvolts rappresentano una soglia arbitraria che non corrisponde
a uno zero assoluto strumentale, è solo una convenzione per dire che
una persona è morta.
Scientificamente non è esatto; infatti già a suo tempo il prof.
Bergamini "I scriveva: "Un tracciato elettroencefalografico può
essere normale anche se piatto, cioè privo di ritmo visibile: ad es.
soggetti adulti ansiosi o soggetti neonati possono aver un tracciato piatto
che di per sé non è assolutamente definibile patologico"
(di fatto, la scienza non sa perchè in questo caso l'EEG sia piatto,
perchè indichi
uno stato patologico occorrono altri segni.
Inoltre il prof. Bondì (5) scriveva che la presenza di forti addensamenti
emorragici endocranici (tipica dei traumatizzati da incidenti) "può
eliminare il "segnale" della penna scrivente o diminuire di molto
l'ampiezza dei segnali rilevati dalla macchina operante con elettrodi applicati
sopra il tavolato osseo;
data l'esiguità della traccia scritta è sempre problematico e
grossolano l' apprezzamento obiettivo di questi segni di vita, la cui importanza
è capitale, se possono sottrarre un paziente alla sentenza medico legale
di morte e all'irrimediabile svuotamento del suo corpo con l'espianto; in questo
caso gli elettrodi
dovrebbero essere posti sotto il tavolato osseo. Quindi l'EEG non dimostra affatto
che l'attività cerebrale sia assente in tutto l'encefalo".
In Italia la legge non prevede tecniche più sofisticate che potrebbero
dimostrare la presenza di vita cerebrale, come la verifica di presenza o meno
di circolo cerebrale, mentre è un test fondamentale per dichiarare una
prognosi infausta. Infatti una persona può essere dichiarata morta quando
permangono residui funzionali di circolazione intercranica. "Isole di residua
circolazione intercranica possono rappresentare funzione cerebrale e vita persistente;
ed io mi domando e vi domando sono tali isole
coscieziosamente e scrupolosamente ricercate? La risposta è negativa
perchè gli esami quali angiografia, PET, SPECT, ECOPLANAR, RMI non sono
previsti dalla legge e pertanto non vengono eseguiti".
Anche il Rapporto di Harvard del 1992 alla domanda se l'assenza di apporto
di sangue al cervello costituisce un indice di cessazione di tutte le funzioni
intracraniche più affidabile rispetto al silenzio elettrocerebrale, afferma:
"Purtroppo l'assenza di flusso ematico (sanguigno) rilevata sia dagli studi
con
radionuclidi che da angiografia non coincide invariabilmente con l'assenza di
tutte le funzioni cerebrali, neppure negli adulti. Sono stati segnalati numerosi
casi di adulti nei quali la scansione a radionuclidi ha dato esito negativo,
mentre persisteva l'attività EEG" (6).
In poche parole, le persone che si trovavano in queste condizioni non erano
morte. Inoltre non esistono dei criteri validi per stabilire che abbiano cessato
irreversibilmente di funzionare altre importanti aeree del cervello come il
cervelletto, i gangli basali o i talami. (7).
Gli inglesi, come abbiamo già riferito, negano qualsiasi valore all'EEG e sono a favore di una concezione di morte cerebrale fondata esclusivamente sull'assenza di riflessi del tronco cerebrale escludendo l'esame dell'encefalo. Il citato rapporto del 1992 della Harvard School a questo proposito afferma: "Tuttavia abbiamo dimostrato che altre funzioni cerebrali (per es. la funzione endocrina e il controllo della temperatura) possono persistere malgrado l'assenza di tutti i riflessi del tronco cerebrale considerati per diagnosticare la morte cerebrale ... Secondo uno studio il 23% di 31 adulti in morte cerebrale non erano affetti da diabete insipido, il che implicava la presenza della funzione ipotalamica (con secrezione dell'ormone antidiuretico) ... una valutazione in questo senso comporta, come minimo, che il ilevamento del diabete insipido dovrebbe assumere un ruolo basilare nei nostri criteri della morte cerebrale, assai maggiore che non la non-reattività pupillare alla luce. Per questi (ed altri) motivi il punto di vista inglese è stato criticato con forza (8). Infatti, anche dopo aver constatato l'assenza di riflessi del tronco cerebrale, si sono verificati casi di ripresa" . (9)
Sempre dal rapporto di Harvard del 1992 leggiamo: "Terzo, ci sono manifestazioni di reattività ambientale in pazienti in morte cerebrale. Una rassegna delle cartelle anestesiologiche di dieci donatori di organi in morte cerebrale ha rivelato un chiara risposta emodinamica all'incisione chirurgica al momento dell'espianto dell'organo del paziente, con aumento medio della pressione sistolica pari a 31 mm Hg e della frequenza cardiaca pari a 23 battiti al minuto".
Gli scienziati inglesi Evans e Hill esaminarono le cartelle cliniche dei dati
pubblicati da Wetzel di recenti donatori di organi "cerebralmente morti".
Ecco ad es. come si comportò un donatore di 33 anni. Prima di entrare
in sala operatoria questo paziente non fu trattato con ipertensivi, poi in sala
fu "curarizzato" perchè il suo corpo non si muovesse e non
impedisse l'incisione. Prima dell'intervento i suoi battiti cardiaci erano 90/min.
ed aveava una pressione di 90/50 mmHg. Dopo pochi secondi dal'incisione jugulo-pelvica
i suoi battiti erano saliti a 104/min. e la pressione saliva a 120/70/mmHg (se
fosse stato un cadavere questi valori non avrebbero dovuto aumentare); a 3 minuti
dall'inizio i battiti erano 18/min. e la pressione era arrivata a 150/75 mmHg.
Dopo 11 minuti fu somministrata l'anestesia, la pressione crollò e ritornarono
i valori della situazione pre-operatoria. Dunque tutti questi donatori furono
"paralizzati e ventilati solo con ossigeno e manifestarono simili drammatici
aumenti di pressione sanguigna e di ritmo cardiaco dopo le incisioni per gli
espianti. Tali risposte che appaiono quindi la norma, più che l'eccezione,
sono identiche alle risposte cardiovascolari mediate del tronco cerebrale
osservate in pazienti normali sottoposti ad interventi chirurgici terapeutici
quando l'anestesia si rivela troppo leggera" (10).
Se il tronco cerebrale fosse veramente morto, dovrebbe esservi assenza non solo di risposta del centro respiratorio, ma anche di attività dei centri vasomotori (11). Tali reazioni sono in contraddizione con la cessazione di tutte le funzioni cerebrali.
Il Rapporto del 1992 di Harvard afferma ancora: "In quarto luogo, da un
punto di vista fisiologico, il cervello viene definito come sistema nervoso
centrale. Le prime definizioni della morte cerebrale, come i criteri di Harvard
(del 1969 n.d.R. ), ne tenevano conto e definivano la morte cerebrale come la
morte
dell'intero sistema nervoso centrale, compreso il midollo spinale. Ben presto
i clinici si resero conto, tuttavia, che molti pazienti in morte cerebrale per
altri versi conservavano la funzione del midollo spinale sotto forma di riflessi
spinali. Questi riflessi a volte provocavano movimenti drammatici e sconvolgenti
degli arti, movimenti noti sotto il nome di "segno di Lazzaro ". (12)
L'invenzione e l'adozione del criterio di morte cerebrale si fondano sulla presunzione che l'osservazione di una certa serie di casi clinici simili, che hanno storicamente avuto tutti esiti simili, garantisca che tutti i casi simili successivi avranno ancora tutti esiti simili (13), invece la realtà mostra che se si continuano le cure intensive c'è chi può sopravvivere.
AUTOPSIE
Solo un'autopsia del cervello del donatore potrebbe accertare, direttamente e caso per caso, se le lesioni cerebrali erano veramente di natura irreversibile. Non si dimentichi che, a fronte di un possibile errore umano di valutazione o apprezzamento della lettura, il donatore è irremediabilmente e legalmente condannato a morte. E' un pò sospetto il fatto che gli ospedali non prevedano l'autopsia del cervello delle persone espiantate per vedere se questo organo era veramente distrutto, infatti nella vera morte come affermava il prof. Baldissera c'è la distruzione degli emisferi, del tronco cerebrale e delle cellule (14).
Il rapporto di Harvard del 1992 afferma: "Se fosse possibile identificare
una particolare costellazione di indizi clinici tali da coincidere invariabilmente
con la distruzione totale del cervello rilevata dall'autopsia, questa serie
di criteri potrebbe essere utilizzata come prova attendibile di morte cerebrale.
Purtroppo, in uno studio condotto su 503 pazienti, Molinari (15) riscontrò
che non era possibile verificare che ad una diagnosi emessa prima dell'arresto
cardiaco in base a una serie o sottoserie di criteri orrispondesse
invariabilmente un cervello in gran parte distrutto." Anche il prof. Hill
(16) denuncia che dalle osservazioni di autopsie si rilevò una discreta
conservazione della corteccia cerebrale ... Questa crescente massa di prove
continua a gettare gravi dubbi sulla certezza di diagnosi di morte in presenza
di cuore battente, e lascia aperta la questione di quanto tempo dopo la cessazione
della circolazione cessi definitivamente ogni funzione del cervello.
POSSIBILITÀ TERAPEUTICHE
Innanzi tutto occorre sfatare il falso dogma che i pazienti in stato di "morte cerebrale" siano sempre e assolutamente incurabili e che tutti debbano necessariamente subire un arresto cardiaco imminente.
Ha suscitato molto interesse nel mondo scientifico internazionale una recente
indagine statistica condotta da un autorevole scienziato americano, D. Alan
Shewmon (17) in essa sono stati analizzati i casi di prolungata sopravvivenza
rilevati su di un numero significativo di pazienti diagnosticati in morte cerebrale.
Egli ha raccolto casi di prolungata sopravvivenza ed ha esaminato i fattori
in grado di determinare, in soggetti dati per morti, la capacità di sopravvivere.
La capacità di sopravvivenza era
inversamente proporzionale all'età (minore è l'età e maggiore
è la possibilità di sopravvivenza N.D.R.) ... L'instabilità
emodinamica tendeva progresssivamente a risolversi, tanto da permettere con
successo ad alcuni pazienti il distacco della ventilazione ausiliata e il ritorno
a casa.
Vi è un altro falso dogma laico che asserisce che il cervello giunto a maturità sia assolutamente incapace di produrre nuovi neuroni, con la conseguenza dell'irreversibilità dei danni cerebrali. Le recenti ricerche in campo neurologico consentono di affermare che gli esseri umani hanno la capacità di generare neuroni cerebrali durante tutta la vita, vecchiaia compresa. E' stato dimostrato da P. S. Eriksson, a conferma di quanto già scoperto in precedenza per i mammiferi, che l'ippocampo umano mantiene intatta la sua attività di neurogenesi. (18)
Dal gennaio 1999 C. B. Johansson e altri ricercatori sono riusciti ad andare
ben oltre, per ora in campo animale, fino a dimostrare l'esistenza di un vero
e proprio processo di risposta alle lesioni degenerative del sistema nervoso
centrale, posto in essere dalla crescita convulsa di cellule migratorie staminali
neurali atte a partecipare alla formazione cicatriziale e riparatoria. Secondo
i risultati scientifici raggiunti si prospetta sempre più realistica
la capacità del cervello umano danneggiato di ricostituire spontaneamente,
almeno in alcuni casi e in determinate zone, il proprio patrimonio di cellule
nervose distrutte. Anche le definizioni più resistenti, come quella ultracentenaria
dell'italiano Bizzozzero, sostenuta da una vasta letteratura scientifica, che
poneva il cervello dei mammiferi tra i tessuti ad elementi perenni, sono state
rimosse dalle ricerche dell'ultimo decennio e dalle nuove sco-
perte sulla neuroplasticità dei mammiferi adulti, intuizioni estensibili
per extrapolazione all'uomo. Grazie a questi risultati, affiancati alle nascenti
biotecnologie riparative del sistema nervoso centrale adulto, non appare più
tanto lontano il traguardo di stimolazione terapeutica controllata di rigenerazione
neuronale in un cervello umano adulto lesionato, specie in una regione, come
l'ippocampo, delicatissima e di capitale importanza nei processi cognitivi e
di memorizzazione. (19)
Grazie ai progressi dell'avanzata terapia intensiva praticabile oggi nei centri
di rianimazione: "Secondo dati recenti, con una assistenza aggressiva,
alcuni pazienti clinicamente in morte cerebrale possono raggiungere una sopravvivenza
somatica per periodi relativamente lunghi: 36 giorni (20) 9 settimane (21),
68 giorni (22) 112 giorni (23), 201 giorni (24) E' pertanto fallace il ragionamento
secondo il quale tutti i pazienti che soddisfano gli attuali criteri della morte
cerebrale andrebbero considerati
in morte cerebrale perchè invariabilmente subiranno un arresto cardiaco
a breve scadenza, e ciò per almeno tre motivi:
a) confonde la prognosi del "morente" con la diagnosi della "morte";
b) la certezza" dell'arresto cardiaco è discutibile, dati i progressi compiuti nella terapia intensiva;
c) questo aggiornamento, a parte la mera prognosi, non identifica che cosa
nel cervello sia essenziale per la nostra comprensione della morte (25) Secondo
i risultati scientifici raggiunti si prospetta sempre più
realistica la capacità del cervello umano danneggiato di ricostituire
il proprio patrimonio di
cellule nervose distrutte. (26)
LA TERAPIA DELL'IPORTEMIA CONTROLLATA
Ottimi risultati si sono ottenuti con l'ipotermia cerebrale controllata, metodo
applicato da una squadra di ricercatori giapponesi
guidata da N. Hayashi (27) (non a caso in un Paese che ha sempre rifiutato di
accogliere acriticamente l'equiparazione occidentale della morte cerebrale alla
morte vera). Costoro hanno trattato con ipotermia cerebrale controllata (e mantenimento
di un'adeguata pressione endocranica) 20 casi d'ematoma subdurale acuto associato
a danno cerebrale diffuso e 12 casi d'ischemia cerebrale globale provocata da
arresto cardiaco della durata da 30 a 47 minuti. Tutti i pazienti si trovavano
in uno stato di coma valutato fra 3 e 4 gradi G.C.S., Glasgow Coma Scale (il
valore 3 corrisponde alla situazione più critica in assoluto: concomitante
assenza totale di risposta agli stimoli oculari, motori e verbali; i pazienti
dichiarati in morte cerebrale sono classificati G.C.S. 3). Essi presentavano
dilatazione bilaterale delle pupille e perdita di riflesso alla luce, eppure
14 dei 20
pazienti del primo gruppo e 6 dei 12 del secondo gruppo sono ritornati a una
vita quotidiana normale, tutti meno uno con completo ristabilimento delle possibilità
di comunicazione verbale.
CRONACA
Eclatanti casi di cronaca, apparsi sui giornali dimostrano che diverse volte coloro che si volevano espiantare, e non lo sono stati, hanno ripreso una vita normale, riportiamo solo due casi.
Martin Banach (28) un giovane tedesco di 18 anni, nel 1996, passava un periodo
di vacanze in Italia all'isola dei fiori, Ischia. Dopo aver noleggiato un motorino
la seconda sera fu investito da un'auto, svenne. Fu portato all'ospedale dove
venne considerato donatore di organi. Telefonarono al padre: <<Buongiorno,
qui l'Ospedale Cardarelli di Napoli ... Suo
figlio ha la tessera di donatore? ... Suo figlio è gravemente ferito
... E' in coma ... Ci dispiace non c'è quasi più nulla da fare>>.
Il padre rispose: <<Lasciatelo com'è! Vengo subito. Non toccatelo!>>i
genitori arrivarono in aereo, non fu loro permesso di vedere il figlio, finchè
dopo tre giorni di lotte riuscirono a far atterrare un aereo con una decisa
giovane dotteressa tedesca che trattò per due ore col personale dell'ospedale.
Poi aprirono la porta d'acciaio, loro figlio era là, solo ventilato.
La dottoressa
ordinò: <<Parlategli!>> La madre accarezzò i capelli
del figlio, le sue palpebre fremettero. La giovane dotteressa disse: "Ce
la faremo". Il giovane fu trasportato in Germania, già al primo
giorno spalancò gli occhi. Oggi Martin ha finito gli studi e gioca a
palla canestro, con nessuna lesione permanente.
Il "Resto del Carlino", del 12 settembre 1999, riporta riguardo al
giovane Luca Sarra: Si sveglia dal coma il ragazzo dell'Aquila
dichiarato morto e preparato per la donazione degli organi. Pronto per l'espianto
chiede una sigaretta ... e nel testo dell'articolo si legge: "dicevano
che era cerebralmente morto".
IL MAGISTERO DELLA CHIESA
Precedentemente, Giovanni Paolo II il 15 dicembre 1989 (29) aveva invitato a rinunziare ai trapianti finchè non è certo il momento della morte. Il Card. Ratzinger era intervenuto al Concistoro Straordinario del 1991 ed aveva affermato: "Siamo testimoni di un'autentica guerra dei potenti contro i deboli, una guerra che mira a eliminare gli handicappati, coloro che danno fastidio e perfino semplicemente coloro che sono poveri e inutili. Con la complicità degli Stati, mezzi colossali sono impiegati contro le persone all'alba della loro vita, oppure quando la loro vita è resa vulnerabile da un incidente o da una malattia e quando essa è prossima alla fine ... Quelli che la malattia o un incidente faranno cadere in un coma irreversibile saranno spesso messi a morte per rispondere alle domande di trapianti d'organo, o serviranno alla sperimentazione medica" ("cadaveri caldi").
Come abbiamo già detto la stampa ha approfittato del discorso del papa
del 29 agosto 2000, perchè contiene frasi imprudenti e non esatte scientificamente,
per far dire che egli è d'accordo coi trapianti. Notiamo che in quel
discorso il pontefice non ha voluto impegnare la sua infallibilità e
che, comunque, quando i concetti non sono chiari e contradditori ci si deve
riferire al Magistero di sempre e agli immutabili principi cattolici. A questo
punto è necessario ricordare che già Pio XII (30) affrontò
il tema dei trapianti di organi. Sin d'allora proclamò la necessità
della morte certa del donatore. Infatti egli scrisse: "Nel caso di dubbio
insolubile, si può ricorrere alle presunzioni di diritto e di fatto.
In generale bisognerà fermarsi a quella della permanenza
della vita, perchè si tratta di un diritto fondamentale ricevuto dal
Creatore e di cui bisogna provare ch'è venuto meno ... Considerazioni
di ordine generale ci permettono di credere che la vita continua fino a che
le funzioni vitali - a differenza della semplice vita dei suoi organi - si manifestano
spontaneamente anche con. l'aiuto di procedimenti artificiali". Un buon
numero di casi forma l'oggetto di un dubbio insolubile ed essi devono essere
trattati "secondo le citate presunzioni di diritto e di fatto" (cioè
in favore della vita, N. d. A.).
CONCLUSIONE
La nuova definizione di "morte cerebrale", introdotta come mezzo
per evitare le conseguenze legali e morali di prelievo di organi
vitali dai morenti prima che siano morti, si basa sul concetto che debba essere
sufficiente la perdita permanente della capacità di
coscienza e di respirazione spontanea (31) e che la morte dell'uomo coincida
con la morte del suo cervello. Questa equiparazione e la pretesa d'identificare
la morte di una parte del corpo, per nobile che sia, con la morte del tutto,
sono assolutamente indimostrate ed arbitrarie, nè trovano alcuna vera
giustificazione scientifica.
Al termine di questo articolo vogliamo ricordare che dagli Stati Uniti è
stata avviata una iniziativa internazionale promossa dal
movimento CURE (32) dal titolo: "Dichiarazione internazionale di opposizione
alla "morte cerebrale - nemica della vita e
della verità - e opposizione all'espianto/trapianto degli organi".
Tale documento afferma che: "Nessuno dei mutevoli protocolli del cosiddetto
"criterio neurologico" per determinare la morte soddisfa le condizioni
descritte dal Papa, per una "rigorosa applicazione" dell'accertamento
della "completa ed irreversibile cessazione di tutte le funzioni dell'encefalo".
In sintesi, la morte cerebrale non è la morte e la morte non dovrebbe
essere mai dichiarata se non in presenza della distruzione dell'intero cervello
e contemporaneamente dei sistemi respiratorio e circolatorio ... Affinchè
gli organi vitali siano adatti al trapianto devono essere organi viventi rimossi
da esseri umani viventi. Inoltre, come sopra sottolineato, le persone condannate
a morte con la dichiarazione di "morte cerebrale" non sono "veramente
morte" ma, al contrario, sono certamente vive" ... ed espiantarle
significa violare il V comandamento del Decalogo:
"Non uccidere (Deut. 5,17).
Questa dichiarazione internazionale è già stata sottoscritta
da più di 120 personalità e sostenuta in 19 nazioni. Fra i firmatari
vescovi cattolici, religiosi, sacerdoti ed alti ecclesiastici, membri della
Pontificia Accademia della Vita, tra cui l'ex Segretario; medici, professori,
giudici, avvocati, altri professionisti e difensori dei diritti dei disabili
e della vita. Fra i firmatari evidenziamo critici di spicco della "morte
cerebrale" come il Dr. Paul Byrne, il Dr. Cicero Coimbra (Brasile), il
Dr. David W. Evans (Inghilterra), il Prof. Josef Seifert (Liechtenstein), il
Dr. Yoshio Wanatabe (Giappone), il Prof. Massimo Bondì, il Dr. Giuseppe
Bartolini, la Drssa. Maria Luisa Robbiati ed altri (Italia). Invitiamo, tutti
coloro che lo volessero, a sottoscrivere la Dichiarazione internazionale scrivendo
a Earl E.Appleby Jr,Director, CURE, Ltd., 812 Stephen Steet, Berkeley Springs,
WV 25411, USA; e-mail:
cureltd@ix.netco.com; cureltd.netcome.come. Preghiamo anche di inviare una copia
alla Lega nazionale contro la predazione di organi, Pass. Lateranensi, 22 -
24121 Bergamo o all'e-mail: negrello@antipredazione.org.; www.antipredazione.org.
Da parte nostra, ringraziamo in modo particolare la "Lega contro la
predazione di organi a cuore battente" (del quale invitiamo a visitare
l'interessante sito) della Signora
Nerina
Negrello e l'Ing. Ugo Tozzini per il materiale messo a disposizione per la documentazione.
NOTE
1) L'Osservatore Romano del 30.08.2000.
2) Ugo Tozzini, Mors tua vita mea, ed. Grafite, p.108.
3) Dr. Robert D. Truog e Dr. James C. Fackler, Rethinking brain death (Revisione della morte cerebrale) in Critical Care Medicine, vol. 20, n. 12 (1992), Departement of Anesthesia, Children' s Hospital, Harvard Medical School, Boston, MA.
4) Mors tua vita mea, op. cit., p. 16.
5) Prof. Dr. Massimo Bondi L. D. Pat. Chir. e Prop. Clin. Patologo Generale - General Surgeon M. D. Sydney, Audizione del 29.10.92, testo presentato al Comitato Ristretto della Commissione Affri Sociali del Parlamento Italiano.
6) Grigg M. M. - Kelly M. A., - Celesia G.G., et al., Electroencephalographic Activity after Brain Death, in: Arch. Neurol., 1987, n. 44 ( 9), pp. 948-954.
7) Prof. M. Bondi, ibidem.
8) Shewmon D.A., Anencephaly. Selected Medical Aspects , in: Hastings Cent. Rep., 1988, n. 18 pp.1 t-19. 9) Prof. Dr. David J. Hill MA FFARCS Consultant Anaesthetist Addenbrooke's Hospital Cambridge - Audizione del 29.10:92, 11) Rethinking ... nota 22 - Wetzel R.C. - Setzer N. - Stiff J.L. , et al., Hemodynamic Responses in Brain Dead Organ Donor Patients, in Anesth. Analg., 1985, n. 64 (2), pp.125-128
12) Ropper A.H., Unusual Spontaneous Movements in Brain Dead Patients, in Neurology, 1984, n. 34, pp. 1089-1092.
13) Mors tua vita mea, op. cit., p. 28
14) Prof. Fausto Baldissera Ordinario di Fisiologìa Umana Università di Milano - Audizione 29.10:92 - Relazione pronunciata al Comitato Ristretto della Commissione Affari Sociali del Parlamento Italiano.
15) Rethinking ... Dota 45 - Molinari The G.F. N.I.N.C.D.S. Collaborative Study of Brain death. A Historical Perspective, in: N.I.N.C.D.S., monograph n. 24, public. n. 81- 2286, Bethesda, M.D., National Institute of Health , 1980, PP. 1-32.
16) Prof. Hill, ibidem.
17) D. Alan Shewmon, Professor of Pediatric Neurology, UCLA Medical School (Los Angeles) - Chronic "Brain Death". Meta-Analysis and Conceptual Consequences, in Neurology, 1998, n. 51, pp. 1538-1545. Studio fornito dall'Ing. Gremo di Torino.
18) P.S. Eriksson del Gotenborg University Institute of Clinical Neuroscience e di F. H. Gage del San Diego Salk Institute, cfr. in Mors tua vita mea, op. cit., p. 7.
19) C.B. Johansson et al., Identification of Neural Stem Cell in the Adult Mammalian Central Nervous System, in Cell, 1999, Jan.8,96 ( 1), pp. 25-34.
20) A. Grenvik, D. J. Powner, J.V. Snyder, et al., Cessation of Therapy in Terminal Illnes and Brain Death, in Crit. Care Med., 1978, n. 6, pp. 284-291.
21) D.R. Field, E.A. Gates, R.K. Creasy, et al., Maternal Brain Death during Pregnancy. Medical and Ethical Issues, in: J.A.M.A., 1988, n. 260, pp. 816-822.
22) J.E. Parisi, R.C. Kim, G.H. Collins, et al., Brain Death with Prolonged Somatic Survival, in: N.Engl. J. Med., 1982, n. 306, pp. 14-16.
23) R.C. Klein, Brain Death with Prolonged Somatic Survival, in: N. Engl. J. Med. 1982, n. 306, p. 1362.
24) T.W. Rowland, J. H. Donnelly, A. H. Jackson, et al., Brain Death in the Pediatric Intensive Care Unit. A Clinical Definition, in: Am. J. Dis. Child., 1983, n. 137, pp.547-550.
25) Rethinking, op. cit.
26 ) Luca Poli, Aborto e manipolazioni genetiche, biotecnologie, eutansia ed espianto di organi a cuore battente, Supplemento a La Tradizione Cattolica, p. 89
27) N. Hayashi del Dipartimento di Neurologia d'urgenza dell'Ospedale della Níhou University.
28) Neue Revue Exklusiv , L'altra Voce, Maggiogiugno 1997, traduzione a cura della "Lega nazionale contro la predazione di organi e la morte a cuore battente".
29) Giovanni Paolo 11, Discorso ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze, 14.12.1989.
30) Pio XII, Discorso: "Le Dr. Bruno Haid, a numerose personalità della scienza medica, in risposta ad alcuni quesiti importanti sulla rianimazione", 24.11.1957. In Insegnamenti Pontifici, Ed. Paoline.
31) Mors tua vita mea, op. cit., p. 3 8.