La piscina "segretata" di Auschwitz

(Revisionist History n° 149) [1]

Ditlieb Felderer (1979)

 

Ancora una volta il Bible Researcher giunge primo a rivelare una scoperta che era stata sin qui tenuta segreta.

Le autorità di Auschwitz continuano a ripetere che i tedeschi fecero tutto quello che era in loro potere per tenere le cose nascoste (vedi Kazimierz Smolen, Auschwitz 1940-1945, 1976, pp.31-2, 49,115).

Più investighiamo Auschwitz, invece, più cominciamo a credere che siano le autorità del Museo di Auschwitz a voler tenere le cose nascoste.

La piscina di Auschwitz ne è un buon esempio. Perché K. Smolen non ne parla nella sua guida di Auschwitz? Perché non la mostra sulla sua pianta?

Sappiamo che non c’è stata una volta che i funzionari di Auschwitz ci parlassero della grande piscina, che aveva probabilmente due trampolini, uno all’estremità sud i cui resti sono chiaramente visibili, e l’altro all’estremità nord. Due scalette portavano all’acqua sul lato nord e due sul lato sud. La piscina aveva anche almeno tre docce, che possono essere viste sul lato sud. Un rubinetto decorato portava l’acqua dentro la vasca.

I visitatori non vi sono indirizzati e le guide la evitano. Di fatto, qualcuna delle guide non sa neanche che sul posto c’è una piscina.

Può essere vista andando sul retro del campo.

E’ localizzata dietro il block 6, non lontano dal block 10, uno dei blocchi dove si presume abbiano avuto luogo esperimenti medici.

Può essere vista anche guardando attraverso le finestre posteriori dei block posti dirimpetto.

Per quale motivo un luogo di stermini di massa dovrebbe avere una piscina è certamente una questione interessante, proprio come la questione del perché i funzionari di Auschwitz continuino a tenerla segreta.

Sono solo spazzatura tutti questi discorsi sugli “esperimenti medici” e la piscina era in realtà un aiuto per riportare persone malate in buona salute?

Le nostre indagini hanno portato alla luce che proprio questo era il caso.

Sarebbe interessante scoprire cosa dicono adesso i funzionari di Auschwitz dopo che abbiamo rivelato al pubblico questo segreto.

Dobbiamo brevemente ricordare che quando investigammo il campo di Gross-Rosen trovammo almeno due piscine.

Una era situata all’interno del campo e usata dai detenuti, l’altra era localizzata negli alloggi degli ufficiali e probabilmente usata da loro.

Le misure approssimative della piscina di Auschwitz, prese nell’estate del 1979, sono indicate sotto.

L’impianto è ancora oggi in ottime condizioni.

Probabilmente con qualche riparazione potrebbe funzionare ancora una volta.

Ancora oggi sono molto pochi gli ospedali in Polonia che hanno piscine.

I tedeschi ne avevano allora, e questo in tempo di guerra.

Siamo stati informati (ovviamente non dai funzionari di Auschwitz) che la piscina era usata dagli ufficiali delle SS per guarire i pazienti.

Prima di entrare nella vasca dovevano sottoporsi ad una doccia, che veniva ripetuta quando lasciavano la piscina.

Questa cura a base di acqua era realmente efficace nel riportare in salute persone malate.

Ci è stato anche riferito che per quei pazienti che erano in grado, quando il tempo lo permetteva, di fare un’ulteriore passeggiata, venivano portati al fiume Sola per una nuotata.

Il fiume è situato poco distante.

Questo fatto è raramente ricordato, se non per nulla, nella letteratura su Auschwitz. D’estate ancora oggi centinaia di abitanti di Auschwitz vanno a farsi una nuotata nello stesso posto.

La piscina di Auschwitz è così poco conosciuta che persino qualcuno tra le guide sembra non saperne nulla, eppure non avrebbero potuto evitarla se fossero andati sul retro del campo o avessero guardato attraverso una delle finestre dirimpetto.

La piscina misura internamente, nella parte superiore, 25 metri (e 14 centimetri) per 6. Sul bordo a sud è profonda 2 metri e 87 centimetri e sul bordo a nord 2 metri e 97 centimetri mentre nel mezzo è profonda 2 metri e 83 centimetri.

Ha una lieve angolazione.

Le misure del fondo sono 23 metri e 85 centimetri per 4 e 90.

Questa è la prima volta dal dopo guerra che sono fornite le misure della piscina e una delle prime volte che viene menzionata. 

Foto scattata nel Giugno 1996

Post scriptum. Le autorità di Auschwitz ammisero per la prima volta nel 1976, lasciando emergere il segreto, che a Birkenau c’era uno “stadio per gli sport”, un “campo di football” e un “campo di pallavolo”.

La citazione in fondo al testo è stata ripresa dal libro a cura di Kazimierz Smolen From The History Of KL Auschwitz, Vol.2 (Panstwowe Muzeum W Oswiecimiu, 1976), uno dei libri più utili mai pubblicati su Auschwitz.

Per anni i funzionari di Auschwitz hanno tenuto questa cosa segreta.

Sebbene abbiano mostrato l’immagine n°2 pubblicata nel numero di Revisionist History 139 [nota del traduttore: l’immagine è troppo sfuocata per essere riprodotta] prima non avevano mai ammesso che questa era la parte del campo riservata agli ospedali, una parte che essi più tardi bruciarono in modo che il pubblico non sapesse che c’erano tali ospedali a Birkenau.

Il lettore osservi anche che tutti i dirigenti del Block 18 erano polacchi, ebrei e russi – nessuno era tedesco.

Che cosa implica questa notizia rispetto ai cosiddetti “esperimenti medici”? Lo stesso Smolen [nel 1979 direttore del Museo di Auschwitz] lavorava in questa sezione…

     

CITAZIONE DA HISTORY OF KL AUSCHWITZ, op. cit., p.65:

Lo staff del Block 18 era composto dai seguenti prigionieri: medici - Dr. Zbigniew Szawlowski (91972), Dr. Mieczyslaw Krzeminski (167873), Dr. Jelonek (169537), Dr. Tadeusz Sowinski (171165), Dr. Liebermann (172019), Dr. Hadschijew (162239), Dr. Bernard Pollak (170687), Dr. Stabholz (126604), e infermieri – Josef Malinski (139153), Bieberstein (160922), Antoni Kubiak (167759), Slamowicz (34149), Mojsesz Blustein (142727), Boryslaw Raskowic (146171), Franciszek Nowak (150208), Antoni Bogatek (108957), Jan Maciejewski (120201).

Mieczyslaw Prendowski (119408) era il capo block, Juliusz Ganszer (34712) era contabile.

Giardinieri, aventi cura del verde attorno al block, erano: Stanislaw Kurpiewski (119327), Leonard Piekarski (138099) e Czerwinski (150241).

Il personale di servizio del block comprendeva anche Szir Metczanow /190684), Turgan Chasanow (190685) e Haszyn Kulbojew (190689)- prigionieri russi.

Nella primavera inoltrata del 1944 le autorità del campo concessero il permesso di preparare un campo di pallavolo, situato dietro i block 10, 11 e 17.

E’ molto probabile che i prigionieri stessi fabbricarono la rete e la palla fu ottenuta dai magazzini del “Canada”.

I prigionieri del personale di servizio dei block dell’ospedale organizzarono incontri tra le loro squadre.

Qualche tempo dopo un campo da calcio fu allestito in uno spazio vuoto del settore IIf, adiacente la rampa della ferrovia e l’area del crematorio III.

Alcuni prigionieri del personale di servizio dei block dell’ospedale, diretti dal Lagercapo Bernacik, spianarono il terreno.

Vi vennero disputati numerosi incontri, con le squadre costituite da prigionieri del personale di servizio dei block dell’ospedale, esponenti dei prigionieri del campo zingari (BIIe) ed esponenti di prigionieri del campo maschile (BIId). 

AGGIORNAMENTO A CURA DEL TRADUTTORE

Il testo di Felderer è stato scritto nel 1979, agli albori della ricerca revisionista e risente quindi di un vuoto documentario colmato solo negli anni successivi.

E’ indubbio, infatti, – e non è quindi soltanto spazzatura sterminazionista – che ad Auschwitz venissero eseguiti esperimenti medici.

Nei rapporti sull’impiego dei detenuti appare addirittura la categoria dei “detenuti per scopi sperimentali” (Mattogno).

Tuttavia l’articolo di Felderer è importante per svariati motivi.

Il primo è ovviamente costituito dal fatto che Felderer è stato il primo ricercatore a scoprire la piscina di Auschwitz, la cui esistenza viene negata ancora oggi dalle autorità del Museo di Auschwitz, come vedremo fra breve.

Il secondo motivo è che Felderer, citando la storia di Auschwitz scritta da Smolen, è stato tra i primi a evidenziare un’altra verità, assimilata soltanto di recente (e non senza imbarazzo) dalla vulgata e cioè che nel lager c’era anche un campo di calcio e uno di pallavolo. [2]

Il terzo motivo è che Felderer ci ricorda che tutti i dirigenti del Block 18 erano russi, ebrei e polacchi, corresponsabili, quindi, degli esperimenti medici compiuti nel campo.

Questo fatto non fa che riproporre il ruolo avuto nell’amministrazione dei lager dalla cosiddetta “auto-amministrazione dei detenuti” (i kapò) di cui parlò a suo tempo Rassinier. [3]

Ma ritorniamo alla piscina. La foto mostrata qui sotto è stata scattata da un lettore del forum revisionista americano [4] e risale allo scorso mese di Agosto:

Le autorità del Museo di Auschwitz ne spiegano oggi la presenza con il seguente cartello:

 

La didascalia recita: “Cisterna per pompieri costruita sotto forma di una piscina, probabilmente all’inizio del 1944”. 

Tale didascalia, nella sua ipocrisia, merita il commento fatto a tal proposito da uno degli animatori del detto forum: “L’industria dell’Olocausto ha dimenticato un principio basilare: Dì la verità, è più facile da ricordare”.

E’ ovvio infatti che i nazisti non avevano alcun motivo per dissimulare la presenza di una cisterna per pompieri.

Tale versione dei fatti sembra inoltre essere (vistosamente) smentita dall’idrante raffigurato nella foto seguente, situato a soli 15 metri di distanza dalla piscina:

      

Certo, le piscine possono essere usate come cisterne, in casi di emergenza, ma se una vasca è costruita come una piscina l’uso primario non può essere che quello suggerito dall’evidenza.

Il rubinetto decorato descritto da Felderer: un particolare decisamente incongruo per una “cisterna per pompieri”

 

La bugia delle autorità del Museo di Auschwitz è poi in contraddizione non solo rispetto alla logica e al buon senso ma anche alle testimonianze rese a suo tempo dai detenuti.

Leggiamo, ad esempio, cosa scrisse nel 1947 l’ex internato Marc Klein:

“L’orario lavorativo veniva mitigato la Domenica e nei giorni festivi, quando la maggior parte dei kommando era a riposo. L’appello veniva fatto a mezzogiorno; le serate erano dedicate al riposo e ad una scelta di attività culturali e sportive. Calcio, pallacanestro e partite di polo acquatico (in una piscina all’aperto costruita all’interno del perimetro dai detenuti) attiravano folle di spettatori. Va però rilevato che solo i detenuti sani e ben nutriti, esentati dai lavori duri, potevano permettersi questi passatempi che suscitavano gli applausi più animati da parte degli altri internati.” [5]

La piscina, dunque, c’era davvero.

Rimane, quindi, ancora, attuale la domanda posta da Felderer nel 1979: che ci faceva una piscina per detenuti in un luogo concepito come campo di sterminio?

Immagino a questo punto la domanda che qualcuno potrebbe fare: ma allora Auschwitz cos’era, un campo di “villeggiatura”?

Una risposta onesta non può che rifuggire dalle semplificazioni abituali.

Solo i detenuti sani e ben nutriti…l’ultima frase di Klein è fondamentale per una percezione non distorta della realtà – ambigua – del lager.

Se infatti una piscina per detenuti è incompatibile con l’immagine corrente di Auschwitz è anche vero che bisogna guardarsi dalla tentazione opposta, in cui purtroppo svariati revisionisti continuano a cadere: quella cioè di far credere che i detenuti sani e ben nutriti costituissero la regola e non, come purtroppo furono, l’eccezione.

Non bisogna infatti dimenticare che il revisionismo olocaustico nasce, con La Menzogna di Ulisse di Rassinier, come denuncia della disparità di trattamento tra gli internati.

Tra coloro per i quali il lager era, anche, occasione di divertimento e di “piacevolezze” varie (c’era anche un bordello) e quelli – la maggioranza – che rischiavano quotidianamente di “passare per il camino”, e questo non perché vi fossero camere a gas ma per la denutrizione e i maltrattamenti riservati loro dai compagni più influenti, i cosiddetti prominenten.

Il revisionismo nasce per ricordare che, se è vero che i kapò più feroci non furono i detenuti comuni bensì i membri dei “comitati di resistenza antifascista” (comunisti di osservanza staliniana), è anche vero che la tirannia dei detenuti politici  fu resa possibile dall’indispensabile benevolenza delle SS, quando queste ultime si resero conto che la guerra era ormai perduta (e bisognava quindi captare la benevolenza dei vincitori).

Per questo la domanda che bisognerebbe finalmente porsi non è quella – attizzata dai centri di propaganda sionista e ripresa dagli utili idioti sparsi nel mondo – di quanti ebrei avrebbero potuto essere salvati se il Papa avesse “parlato” ma la seguente: quante vite umane avrebbero potuto essere salvate se personaggi come il “compagno” Hermann Langbein (segretario del capo dei medici SS di Auschwitz) e il “compagno” Eugen Kogon (segretario del capo dei medici SS di Buchenwald) avessero rubato e ammazzato di meno? 



[1] Traduzione di Andrea Carancini

[2] http://www.cdecdbase.it/new_rassegnastampa2.asp?idarticolo=15&id_pagina=10

[3] http://www.litek.ws/aaargh/ital/arrass/arrass.html

[4] http://revforum.yourforum.org/viewforum.php?f=2

[5] http://www.heretical.org.uk/miscella/swimpool.html