L'UNITA' CHE DIVISE

Un'occasione perduta per i savoia

Basta leggere “la stampa del giorno dopo” ossia i giornali il giorno dopo l’arrivo della famiglia sabauda a Napoli (15.03.03) per notare come molti giornalisti presenti alla manifestazione anti-savoia hanno raccontato attraverso le colonne dei rispettivi giornali i fatti successi, in verità pochi giornalisti hanno fatto interviste serie a gente seria che si trovava a Napoli per motivi ben precisi, e non gente che era presente per apparire in televisione o per cercare visibilità.

Si è parlato di una collusione tra Forza Nuova, Neoborbonici e disoccupati, in realtà i disoccupati, o meglio, chi li ha portati alla manifestazione, lo ha fatto per un tornaconto elettorale, d’altronde in una città con un forte tasso di disoccupazione (grazie ai Savoia) non è difficile scendere in piazza con qualche famiglia, qualcuno che non sa che fare e qualcuno che è così disperato che si affida a chiunque pur di cercar lavoro; risultato, si son trovati a far parte di una manifestazione che aveva tutt’altri motivi. Stesso discorso vale per Forza Nuova, un partito che cerca consenso infiltrandosi alle manifestazioni, e che ha il coraggio di presentarsi ad un raduno borbonico con le bandiere degli occupanti, ossia il tricolore, che, come sappiamo, è la bandiera impostaci dalla massoneria quando realizzò, per conto della mafia ebraica, l'unità d'Italia. Certo è a dir poco singolare che, nel programma ufficiale del movimento, Forza Nuova affermi di voler contrastare la massoneria... Se ne deduce che il pensiero del partito è una cosa, e la pratica è il contrario; contenti loro…

Ciò che è importante è che la manifestazione è il prodotto di un comune sentire di chi da anni studia la situazione del sud, ne vede le cause, e si accorge che il meridione d’Italia da essere ricco si trova povero, schiavo dell’economia mal gestita da Roma, e continuamente beffato ogni volta che ci sono le elezioni. Dove gente decisa dall’alto arriva da posti lontani a promettere ciò che sa di non poter realizzare, ossia un lavoro per i giovani, qualche garanzia per i più anziani, non preoccupandosi della continua emigrazione che non si è mai fermata da quel 1860, ossia da quando Garibaldi, con l’aiuto inglese, iniziò a portar morte e saccheggio. Questo senza contare l'apporto ai predoni giunti dal nord dei generali borbonici corrotti, vera causa della sconfitta, se si pensa che il popolo per i successivi dieci anni continuava ancora la guerriglia contro le truppe piemontesi feroci e spietate.

La finalità della manifestazione è stata quella di dare un’occasione ai Savoia di mostrarsi uomini, di riconoscere le colpe dei loro predecessori, di assumersi le proprie responsabilità. Hanno invece preferito scappare com’è tradizione di famiglia dalla verità e dalla propria coscienza, preferendo i soldi all’onore, comportandosi come un certo parente che nel corso di una guerra, incurante del popolo che, combattendo in Russia, in Grecia, nei balcani, fattosi deportare in India dopo la campagna d’Africa, viene lasciato di fronte ad una prevedibile rappresaglia di un paese amico diventato nemico in un sol giorno, incurante di aver lasciato allo sbando intere divisioni, senza un ordine, una protezione. ha preferito far le valigie e scappare, un si salvi chi può che forse potrebbe dire chiunque, ma non un re.

La contestazione, comunque, non è dovuta, come hanno fatto sembrare i per niente graditi e autoinvitatisi militanti di forza nuova, a quel che successe il tre settembre 1943, ossia la firma dell’armistizio, (meglio sarebbe dire il voltafaccia) e lasciando che la notizia venisse diffusa l’otto, dando cinque giorni di tempo agli americani ed inglesi di radere al suolo l’intera penisola non ancora conquistata.

La contestazione è dovuta al voler far conoscere ai Savoia ciò che i loro avi hanno fatto al meridione, voler riconoscere che l’unità d’Italia non è stata quella grande festa che si racconta, ma una serie di lutti e di tragedie, permettendo che interi villaggi fossero rasi al suolo ed arsi, permettendo fucilazioni di massa senza prova alcuna di colpevolezza, permettendo il sequestro di bestiame, fonte primaria per la popolazione, lasciando che le truppe violentassero donne, (indimenticabile sarà l’immagine di Michelina de Cesare, una bellissima brigante che fu violentata e uccisa, come lei tante altre), e ancora le profanazioni e saccheggi di conventi, chiese, monasteri, le uccisioni dei sacerdoti, il massacro di Bronte, l’eccidio di Pontelandolfo e Casalduni, il saccheggio del Banco di Napoli.

Abbiamo vissuto sulla nostra pelle quanto la propaganda vincitrice abbia messo il bavaglio a chi ha fatto una continua ricerca storica sul periodo dell’annessione. Se, sconfessando la tradizione di famiglia, i Savoia avviassero un rapporto di confronto con chi dà voce ai vinti, se fossero disponibili a una pacificazione tesa a voler riconoscere le colpe di famiglia in una tragedia che ha provocato ferite che evidentemente non sono sanate, solo allora passerebbero alla storia come i regnanti che hanno unito l’Italia, per ora, sono solo quelli che hanno realizzato l’unità che divise.